Credits: Enrico Ballardini, Giulia D’Imperio, Giovanni Maurelli, Libero Stelluti, Marco Vergani.
Secondo Jung una combinazione di tipici motivi “buffoneschi” si incontra nella figura alchimistica di Mercurio: “la tendenza a giocare tiri maligni, ora divertenti ora cattivi; la facoltà di trasformarsi; la sua duplice natura, animale e divina al tempo stesso; il suo umorismo inopportuno o per la mancanza di serietà nei rapporti umani; il suo essere esposto a ogni genere di tortura e il suo approssimarsi alla figura di un salvatore…un eroe negativo che ottiene con la sua scempiaggine ciò che altri non riescono a ottenere
Gli uomini indossano un camiciotto rinforzato con protesi che ingrandiscono ventre e glutei ostentando un vistoso fallo in cuoio. Sono parodie di soggetti delle tragedie o la drammatizzazione farsesca di situazioni tratte dalla vita quotidiana.
In epoca Elisabettiana i giullari di corte, i buffoni venivano individuati e “comprati” tra chi nel popolo presentava deformità fisiche o mentali, Willeford ha anche descritto il gusto aristocratico per le deformità fisiche che si andò diffondendo dal 1566, anno in cui quasi tutti deformi servirono a un banchetto offerto dal Cardinale Vitelli a Roma. L’anomalia fisica e mentale del Fool danneggia il funzionamento della sua volontà e le difficoltà che ne conseguono acquistano un’importanza fondamentale per la rappresentazione dell’attore.
Coloro che violano l’immagine dell’uomo e che fanno di questa violazione una messinscena, riescono a trovare un integrazione nella società.
“La malformazione di nani, gobbi e storpi, si riflette nell’abito del Fool che, pur essendo il più delle volte un’accozzaglia di elementi caotici e sproporzionati, riesce, talvolta, a comporre questi stessi elementi in un disegno equilibrato e armonico”.
Il Fool esordisce come reietto, parassita e barbone, poi, nel corso della sua messinscena, può dimostrare di essere più potente del re, con l’intelligenza e la vitalità di chi è distaccato dalla sua stessa follia e da quella del mondo” (Willeford, 1998).
Il Fool quindi prendeva legittimità da quel potere che poi, tramite la sua arte e la sua natura, ridicolizzava, che prendeva in giro con lazzi e scherzi.
In Francia essere buffoni significava avere una vera e propria carica. In questo paese nacque il primo buffone riconosciuto, Geoffroy, che visse alla corte di Filippo V il Lungo (XIV secolo), e i buffoni mantennero la carica fino al 1662, anno in cui fu soppressa, anche se i buffoni rimasero operanti fino alla Rivoluzione. Questi buffoni vestivano abiti speciali.
Nella Sacra rappresentazione ci sono i “Frammessi”, con carattere comico – rusticano, perché sulla scena c’è riflessa la vita quotidiana, con la satira del contadino. In queste rappresentazioni si esibiscono i buffoni che mettono in scena figure di storpi, deformi, nani e talvolta lo sono essi stessi.
Nel medioevo il buffone incarnava la “follia”, il contrario, un po’ come il matto o l’impiccato nelle carte dei tarocchi, e dava voce alla paganità, fortemente contrastata da una chiesa altera e feroce. Si ritrovano rappresentazioni buffonesche che spesso mostrano sghignazzanti il proprio sesso e si esibiscono in accoppiamenti provocatori con animali, sirene e arpie. Ricordando infatti come ogni mezzo, anche l’osceno e il volgare, venivano in passato utilizzate pur di provocare una reazione agli abusi di potere.
Distruggere, col far ridere, questa angoscia, è sempre stato l’impegno principale di questi anomali comici.
Di Cui
L’obiettivo è sdrammatizzare situazioni o personaggi storici, politici, d’attualità o in qualche modo riconoscibili, attraverso la satira e la provocazione, con una messa in scena dell’infelice condizione umana e delle complicazioni del dramma personale attraverso l’ironia tipica del Buffone.
I ritratti devono avere un trattamento grottesco, amaro, dark e gli attori devono trovare espressioni o comunicazioni non verbali, costumi, trucchi e oggetti (poco ingombranti) che più si addicano e aiutino la loro interpretazione di un Buffone moderno.
Saranno principalmente primi piani, per concentrarsi sul carattere “vivace” del buffone, che attua una rappresentazione guardando alla camera. Qualche mezzo busto e pochi piani americani. Questi ultimi due soprattutto quando la figura si presta all’assenza di costumi (dicasi nudità, qualsivoglia di petto o di braghe).
Il background, nero o scarno quanto un muro scrostato, deve lasciare immaginare ambienti lugubri e fatiscenti come le soffitte o gli scantinati dove questi folli deformi senzatetto vivevano alle origini.
Michele Casiraghi