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Les Buffons

“L’osceno è sempre stato l’arma più efficace per abbattere il ricatto che il potere ha piazzato nel cranio della gente, inculcandole il senso di colpa, la vergogna e l’angoscia del peccato e da ciò prende spunto il buffone." Machiavelli consigliava al Principe: “Date a un popolo la convinzione d’essere colpevole, non importa di che, e vi sarà più facile governarlo”. Che grande trovata quella di farci nascere già colpevoli, con una colpa (quella originaria) da scontare o lavare! Punto di partenza di questo stile è un lavoro di ricerca letteraria e pittorica sul grottesco; attraverso la pittura di Bosch, Bruegel e Goya viene individuata la presenza beffarda ed inquietante del buffone, abitatore delle paludi, dei sobborghi, delle corti medievali, delle cattedrali gotiche.

Credits: Enrico Ballardini, Giulia D’Imperio, Giovanni Maurelli, Libero Stelluti, Marco Vergani.

Secondo Jung una combinazione di tipici motivi “buffoneschi” si incontra nella figura alchimistica di Mercurio: “la tendenza a giocare tiri maligni, ora divertenti ora cattivi; la facoltà di trasformarsi; la sua duplice natura, animale e divina al tempo stesso; il suo umorismo inopportuno o per la mancanza di serietà nei rapporti umani; il suo essere esposto a ogni genere di tortura e il suo approssimarsi alla figura di un salvatore…un eroe negativo che ottiene con la sua scempiaggine ciò che altri non riescono a ottenere

Gli uomini indossano un camiciotto rinforzato con protesi che ingrandiscono ventre e glutei ostentando un vistoso fallo in cuoio. Sono parodie di soggetti delle tragedie o la drammatizzazione farsesca di situazioni tratte dalla vita quotidiana.

In epoca Elisabettiana i giullari di corte, i buffoni venivano individuati e “comprati” tra chi nel popolo presentava deformità fisiche o mentali, Willeford ha anche descritto il gusto aristocratico per le deformità fisiche che si andò diffondendo dal 1566, anno in cui quasi tutti deformi servirono a un banchetto offerto dal Cardinale Vitelli a Roma. L’anomalia fisica e mentale del Fool danneggia il funzionamento della sua volontà e le difficoltà che ne conseguono acquistano un’importanza fondamentale per la rappresentazione dell’attore.

Coloro che violano l’immagine dell’uomo e che fanno di questa violazione una messinscena, riescono a trovare un integrazione nella società.

“La malformazione di nani, gobbi e storpi, si riflette nell’abito del Fool che, pur essendo il più delle volte un’accozzaglia di elementi caotici e sproporzionati, riesce, talvolta, a comporre questi stessi elementi in un disegno equilibrato e armonico”.

Il Fool esordisce come reietto, parassita e barbone, poi, nel corso della sua messinscena, può dimostrare di essere più potente del re, con l’intelligenza e la vitalità di chi è distaccato dalla sua stessa follia e da quella del mondo” (Willeford, 1998).

Il Fool quindi prendeva legittimità da quel potere che poi, tramite la sua arte e la sua natura, ridicolizzava, che prendeva in giro con lazzi e scherzi.

In Francia essere buffoni significava avere una vera e propria carica. In questo paese nacque il primo buffone riconosciuto, Geoffroy, che visse alla corte di Filippo V il Lungo (XIV secolo), e i buffoni mantennero la carica fino al 1662, anno in cui fu soppressa, anche se i buffoni rimasero operanti fino alla Rivoluzione. Questi buffoni vestivano abiti speciali.

Nella Sacra rappresentazione ci sono i “Frammessi”, con carattere comico – rusticano, perché sulla scena c’è riflessa la vita quotidiana, con la satira del contadino. In queste rappresentazioni si esibiscono i buffoni che mettono in scena figure di storpi, deformi, nani e talvolta lo sono essi stessi.

Nel medioevo il buffone incarnava la “follia”, il contrario, un po’ come il matto o l’impiccato nelle carte dei tarocchi, e dava voce alla paganità, fortemente contrastata da una chiesa altera e feroce. Si ritrovano rappresentazioni buffonesche che spesso mostrano sghignazzanti il proprio sesso e si esibiscono in accoppiamenti provocatori con animali, sirene e arpie. Ricordando infatti come ogni mezzo, anche l’osceno e il volgare, venivano in passato utilizzate pur di provocare una reazione agli abusi di potere.

Distruggere, col far ridere, questa angoscia, è sempre stato l’impegno principale di questi anomali comici.

Di Cui

L’obiettivo è sdrammatizzare situazioni o personaggi storici, politici, d’attualità o in qualche modo riconoscibili, attraverso la satira e la provocazione, con una messa in scena dell’infelice condizione umana e delle complicazioni del dramma personale attraverso l’ironia tipica del Buffone.

I ritratti devono avere un trattamento grottesco, amaro, dark e gli attori devono trovare espressioni o comunicazioni non verbali, costumi, trucchi e oggetti (poco ingombranti) che più si addicano e aiutino la loro interpretazione di un Buffone moderno.

Saranno principalmente primi piani, per concentrarsi sul carattere “vivace” del buffone, che attua una rappresentazione guardando alla camera. Qualche mezzo busto e pochi piani americani. Questi ultimi due soprattutto quando la figura si presta all’assenza di costumi (dicasi nudità, qualsivoglia di petto o di braghe).

Il background, nero o scarno quanto un muro scrostato, deve lasciare immaginare ambienti lugubri e fatiscenti come le soffitte o gli scantinati dove questi folli deformi senzatetto vivevano alle origini.


Michele Casiraghi